giovedì 26 novembre 2009

You know that I would be untrue, you know that I would be a liar, if I was to say to you, girl we couldn't get much higher, come on baby light my fire...

Ho cominciato a fare politica a 14, età a cui è forse segno di maggior salute mentale essere più interessati alle tette delle compagne (di scuola) che alle dichiarazioni di Pietro Folena. Conseguentemente partecipavo al collettivo politico del liceo, dove i partecipanti dissimulavano sotto l'interesse per le dichiarazioni di Folena quello per le tette delle compagne (di scuola e di collettivo). Le riunioni del collettivo si svolgevano a casa di Nicolò, freak post-litteram, casa di cui ricordo il soppalco in tubi Innocenti e lo yoghurt home-made (bleah!). La mia partecipazione era puramente formale, in quanto ero così intimorito dal lessico e dall'aspetto vissuto dei compagni (di fatto usavano frasi astruse e limonavano in pubblico) da non prendere mai la parola. Gli unici suoni che emettevo, oltre ai “ciao” sussurrati erano dei grugniti di approvazione abbastanza acritica per i concetti che ciascuno di loro elaborava. Eppure, proprio in questo contesto, causai il più grande scandalo della mia vita. Durante una di queste riunioni qualcuno aveva selezionato come sottofondo musicale una cassetta di un gruppo a me sconosciuto e francamente noioso, che ripeteva su una struttura blues un cantato salmodiante sorretto da un organo Farfisa per una durata media dei brani di svariati minuti. All'epoca la mia dieta musicale consisteva esclusivamentedi pop anni' 60 e questi tizi mi sembravano molto lontani dal genio (Lennon-McCartney, obviously), dall'ammirevole (McGuinn-Crosby), e dal genericamente apprezzabile (Jagger-Richards) e anche grazie ad un indole poco incline alla temperanza li avevo catalogati come “palla”. Per educazione ebbi però l'insana idea di chiedere chi fossero. Mi risposero all'unisono, dieci persone improvvisamente unite, con un tono di disapprovazione come se non avessi riconosciuto mia madre o Che Guevara nella foto di Korda, ma con una vena di bonaria sufficienza “ma sono i Doors!! è Light my fire”. Avrei potuto contare su una parziale assoluzione se avessi finto un immediato (e falso) riconoscimento, invece candidamente ammisi che non li avevo mai sentiti nominare. L'ostracismo fu inevitabile. Ho capito in seguito che, per un riprovevole corto circuito ideologico, loro si aspettavano che io quanto ragazzetto impegnato, di matrice libertaria, conoscessi ed apprezzassi questa band che pur essendo americana (bleah!), anzi amerikana, esaltava e cantava la libertà, la liberazione, l'opposizione alle regole sociali, che questo antagonismo aveva portato il loro augusto leader a morte precoce. Praticamente una Baader-Meinhof in musica. Insomma apprezzare i Doors era un passe-partout per un ambiente culturale, una necessità ambientale. Confesso, non ho fatto molto per procurarmelo. Ci è voluto poco per scoprire che i Doors sono liricamente inesistenti (“sai che sarei un bugiardo, sai che sarei disonesto, se ti dicessi che non possiamo andare più in alto, forza amore accendi il mio fuoco” è una cosa che anche Ramazzotti si vergognerebbe, per non parlare del testo di “hello I love you”), musicalmente banali e che l'abituale dilatazione dei brani da 3 a 15 minuti non necessariamente significa impegno-raffinatezza-ricerca. Così come che ci sono una montagna di altri gruppi coevi che sono indistinguibili dai Doors e che languono nell'anonimato, semplicemente privi di un leader deceduto giovane e di un buon ufficio stampa. Sono eternamente grato al mio amico Lucio, che ancora in epoca di cassette audio, era riuscito a registrare la summenzionata Light my fire escludendo buoni buoni 6 minuti senza che si sentisse il taglio.
Decenni dopo mi è capitato fra le mani uno dei più brutti album della storia dell'umanità, i Carmina Burana in versione dance, autore Ray Manzarek, giustappunto tastierista dei Doors, in cui un orda di sintetizzatori (dx-7?) fa inutile scempio della musica di Orff e mi è venuto inevitabile il paragone con la politica. Ma come capita, caro Ray, di cominciare dai Doors per finire a ballicchiare l'“O Fortuna”? é lo stesso percorso che ha portato decine di antagonisti del '68/77 ad ingrassare le fila degli yes-man berlusconiani?
Recentemente, passeggiando per il cimitero di Père-Lachaise, a Parigi, ho visto una torma di adolescenti attorniare la sepoltura del fu Jim Morrison versando alcolici sulla lapide, mentre a pochi metri la tomba deserta di Chopin era ingentilita da una solitaria rosa rossa (vedi foto) e da un silenzio assoluto, a rimarcare dove stia di casa la bellezza.

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