sabato 5 dicembre 2009

Cinque vocaboli che detesto in ambito musicale

Cinque vocaboli che detesto in ambito musicale
menestrello (s.m.): usualmente impiegato per designare un cantautore particolarmente gradito , di cui si voglia enfatizzare in qualche modo sincerità e purezza. Di prassi, il m. sfoggia abiti inconsueti, capigliatura incolta, atteggiamento dimesso e ritroso, e soprattuto uno sguardo incantato ed innocente sul mondo, ma non privo di una sua saggezza. In virtù di questo candore al m. si permette più o meno tutto, soprattutto qualunque astrusità letteraria, banalità musicale o comunque carenza di ispirazione. L'aura di naivetè che lo circonda è tale che l'autore suggerisce un'analogia con i cantastorie medioevali. La definizione di m. è ancora più calzante se all'immagine del m. si può aggiungere una vena misticheggiante. Spesso è definito m. un musicista eccelso, assolutamente stimabile, che però l'autore misinterpreta come divinità scesa in terra. Tipici esempi di m. sono Dylan, Tim Buckley, Donovan, Cat Stevens, Branduardi ed in tempi più recenti Devendra Banhart. Grandi cantautori che non sono menestrelli: Billy Bragg, Peter Hammill, Robyn Hitchcock, Elliot Smith, Eddie Vedder...
sacerdotessa (s.f.): una cantante per la quale l'autore prova un indiscutibile attrazione. Spesso affibbiata a figure non così femminili e che con una religione, anche pagana, hanno poco a che fare, la definizione di s. permette concerti sold-out a qualunque età, biglietti a prezzi esorbitanti e la piena indulgenza della critica, anche dopo brani di 25 minuti e un abuso di parolacce e argomenti scabrosi. Tra le destinatarie più meritevoli Siouxsie, Diamanda Galas e, se piacciono, Patti Smith e Bjork. L'ho sentito usare per Gianna Nannini.
seminale/derivativo (agg.): se A prende qualcosa da B, cosa che avviene dall'età della pietra, e l'autore è un fan sfegatato di A, A è "seminale". Se invece è un detrattore di B, B è "derivativo". Si possono tradurre in "precursore" e "copione", ma fa meno figo.
radici (o roots) (s.f.): inteso come ritorno alle, riscoperta delle.... Questo riguarda particolarmente la generazione sui 35-40 anni, che ha visto come prima dell'esplosione della world music o dell'etnica, si sia voluta piazzare questa etichetta a qualunque cosa non fosse rock mainstream, se proveniente da lande inconsuete. Ogni volta che qualcuno tirava fuori uno strumento acustico che anche suo nonno sapeva strimpellare o buttava giù due paroline in un idioma che non fosse l'inglese, giù fiumi di inchiostro a illustrare come fossimo testimoni di un percorso new age di riscoperta dei propri antenati, della cultura locale e via dicendo. Particolarmente vittime di questa assurda deformazione sono stati negli anni 80 i gruppi australiani (Died Pretty, Midnight Oil), tutto il cosiddetto Paisley Underground, quasi tutti i losangelini (Los Lobos e tutto il tex-mex che riscoperta non è), insomma tutti tranne i rockers newyorchesi.
imperdibile/incredibile (agg.): solitamente strillato nelle pubblicità dell'ultima fatica musicale della vecchia gloria e del golden boy del momento, ha quasi sempre un valore paradosso. Sia "il nuovo incredibile album di Giusy Ferreri" che "un altro imperdibile album dei grandi Pink Floyd" sono perdibilissimi, a meno non dobbiate pareggiare le gambe di quel tavolino che balla.

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