giovedì 17 dicembre 2009

MdD(luca) #9: Scott Walker – The Drift (2006)

Questo è un album che non consiglierei a nessuno. Né agli amici, ché rischierei di perderli, ne ai nemici, perché è un segreto troppo prezioso.
Scott Walker è un personaggio la cui sola biografia già mi indurrebbe ad adorare. Teen-idol leader dei Walker Brothers alla fine degli anni ‘60, un gruppo pop di un certo successo tra Beach Boys e Elvis, prese poi una strada solistica che assomiglia più ad un suicidio commerciale che ad una carriera discografica.
Dotato di una voce calda e profonda che agli inizi ne faceva un perfetto crooner, nel tempo ne ha accentuato il profilo lirico e impostato, giungendo ad un modo di cantare che definire originale è eufemistico.
La cadenza di uscita dei suoi dischi è ora diventata ultradecennale, questo album seguiva infatti il precedente di una dozzina d’anni, e pare che ognuno di essi sia il risultato di un lavoro che dura tutto quel tempo.
Questo “The Drift” è di gran lunga l’album più inquietante che abbia mai sentito. Se si supera l’iniziale sbigottimento (“ma che cazzo è ‘sta roba?”) ci si può lasciare trasportare in un allucinante viaggio dell’orrore tra suoni inusuali e sfasati, cupe melodie, atmosfere grandiose e lugubri, improvvise esplosioni e ritorni di quiete.
L’ho ascoltato una volta in cuffia in una sessione notturna, oscillando tra sonno e veglia. C’è una canzone, la penultima dell'album, The Escape, che si sviluppa per quasi 5 minuti tra suoni delicati e sussurrati, e improvvise accelerazioni, raccordati ancora, come sempre, dalla sua voce assurda. Era tardi, io ero praticamente addormentato quando d’improvviso irrompe, sostenuta da un organo inquietante, una voce da Paperino malato che gracchia “What’s Up, Doc?” a tutto volume. Non dimenticherò mai il puro terrore che ho provato nell’essere riportato alla veglia in quel modo.
Poi, finta quiete dopo la tempesta: una canzone completamente acustica e rilassata, ma intervallata da inspiegabili “pss! pss!” che fanno sussultare e mantengono alta la tensione fino alla fine.
Assurdo, un disco il cui ascolto è quasi una perversione.
Però grandioso, davvero.

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