martedì 16 febbraio 2010

Il cassettone - parte 2

Il cassettone postato da Luca ha avuto l'inevitabile effetto di farmi sentire obsoleto. Inadeguato ai tempi moderni. Infatti non saprei dare una corretta definizione di podcast, nè posseggo un account rapidshare per il download veloce e mi inquieta, pur nel mio internazionalismo convinto, usare 4 parole di inglese nella stessa frase. Ma soprattutto sono stato troppo a lungo artigiano meticoloso di quel reperto vintage che è il cassettone per non sentirsi beatamente un residuo di un'epoca passata. Non per reducismo d'accatto ma per gioioso omaggio, mi piace rivedere come si costruiva il cassettone suddetto. Innanzitutto occorreva acquistare il nastro della lunghezza desiderata, designata dalla lettera C seguita dalla durata: C46, C60, C90 e poi le improbabili C120 che notoriamente si strappavano presto ingorgando il registratore di lembi di nastro massacrato. Vista la minima differenza di prezzo quasi sempre la prescelta era la C90, che se la si usava a fini di archivio (cioè si copiava un vinile) conteneva un LP per lato. Ma se l'obiettivo era la compilation un ora e mezza da riempire voleva dire prepararsi ad almeno 2-3 ore di lavoro, a mettere e togliere i vinili dal giradischi, regolare ogni volta il volume di registrazione, sfumare dove necessario, brigare perchè non si sentisse il click di pausa registrazione (NB: gli audiofili usavano cassette cosiddette Metal o Cromo, più costose e secondo noi taccagni non è che ne valesse la pena, anche se qualunque orecchio avrebbe apprezzato la differenza). Il primo problema rilevante era la scelta dei brani, che ovviamente dipendeva, come per i quadri rinascimentali, dal committente. Se era un amico, passi, mettevi i pezzi nella sequenza più comoda, senza mettere e togliere 8 volte lo stesso disco dal piatto, fregandosene se la chiusura di una canzone non stava proprio bene con l'inizio della successiva e se il pezzo richiesto era a metà della seconda facciata. Attenzione, stiamo parlando di un epoca in cui il tasto “skip” non esisteva. Se invece, come talvolta succedeva, la committenza era una fanciulla che ci aveva chiesto un solo brano e cui abbiamo promesso una sapida cavalcata nei territori del pop da lei inesplorati , ecco che si faceva necessario un accurato lavoro di selezione e disposizione dei brani. Facciamo l'ipotesi che la proposta di redigere la preziosa antologia fosse partita dopo la richiesta di sdoppiare, che so, Enola Gay degli OMD. Siamo sul pop elettronico intelligente, con deciso piglio discotecaro. Si poteva partire dagli OMD per sfociare nella new wave darkeggiante e sperare che la affascinante ombrosità di Siouxsie &The Banshees, Psychedelic Furs, Cure e compagnia bella riverberasse su di noi e ci facesse sembrare, agli occhi della tipa in questione, turbati e conturbanti come degli Ian Curtis locali. Oppure si poteva arrivare al pop raffinato, transitando per qualche accattivante riempipista, a testimonianza del garbo mondano che ispirava i nostri gusti. O ci si dedicava dichiaratamente alla dance music secca, ovviamente cercando di cesellare le scelte sul meglio del ballabile. Ma poi sorgeva inesorabile il dubbio: se piazziamo Enola Gay come primo brano, poi tutto il resto della cassetta, con le nostre raffinate selezioni, lo sente? Magari no, e allora valeva la pena di tormentarsi se mettere o no i Prefab Sprout e se The Wait è veramente il miglior singolo dei Pretenders? E se invece mettiamo Enola Gay a metà della seconda facciata, dopo averle strapazzato le palle con un sacco di roba che lei NON ci ha chiesto, non è che a metà della prima si rompe e ci registra sopra EroZero e Zerolandia?
Da qui deriva la prima regola fondamentale: piazzare il brano richiesto nel luogo giusto (più o meno metà del lato A)
Altra regola: non svisare troppo sui contenuti. La richiesta sono gli OMD. Va bene che vogliamo dimostrare la nostra cultura enciclopedica, ma siamo certi che un raga di Ravi Shankar sia gradito, specie dopo il 12° minuto di assolo di sitar? Vale anche l'opposto, se la richiesta è stata una zuccherosa Woman (Lennon in fase calante, ma ottima soundtrack per primi approcci), proseguire la selezione con gli Einsturzende Neubauten o Terry Riley, sicuramente evidenzia il nostro lato oscuro e turbolento ma può proprio rompere i coglioni. Infine esiste un debito che dobbiamo agli dei della musica e dell'armonia: la cassetta deve avere una sua coerenza. Proprio perchè non c'è lo skip, perchè non basta schiacciare un tasto Del per cancellare dalla playlist dell'iPod il brano fuori luogo, non possiamo avere Giorgia e Prokofiev, Albinoni e le Spice Girls, Frate Cionfoli e i CCCP sullo stesso nastro. Sarebbe come tifare Juve e Toro contemporaneamente. Alla fin fine i cassettoni migliori erano quelli che ciascuno si componeva per proprio diletto, senza soggiacere a richieste esterne, e appena li riesumo da qualche vecchio baule dove sono stati tumulati, giuro che ve li propongo. Come playlist, ovviamente.

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