giovedì 17 marzo 2011

Culicchi e Littizzette - Maurizio Blatto, L'ultimo disco dei Mohicani

Maurizio Blatto deve essere proprio un tipo simpatico. Lo avevamo già desunto dalle gustosissime pillole del suo spassosissimo blog (da non perdere, qui) e ce lo conferma l'approccio alla scrittura in questo suo primo libro. L'argomento, camuffato dietro al titolo scherzoso, è la schiera dei melomani, ossia la popolazione che sotto vesti normali, cela una feroce e deviata compulsione all'acquisto, collezione e/o ascolto di musica, preferibilmente in vinile e su impianti che costano cinque stipendi. Attenzione, ci avvisa Blatto, costoro sono fra noi sotto le più mentite spoglie di onesti professionisti e padri lavoratori, e lo fa dalla sua privilegiata torretta di osservazione di venditore di un noto negozio torinese. A metà tra un presepe ed un quadro di Bosch, il bestiario dei musicofili ha i suoi personaggi fissi che declinano le loro esistenze sghembe con il pensiero dominante della musica da collezione. Ed è assolutamente incerto se, come in Bosch, siano mostri o, appunto, innocui pastorelli e lavandaie di Betlemme.
Il libro parte bene, pieno di gags scoppiettanti, descritte con amabile sarcasmo da Blatto, che vedono protagoniste figure umane che, diciamocelo, potremmo benissimo essere noi. Esaurito però  il processo dell'identificazione, il libro comincia ad ingolfarsi, la lettura si fà affaticata e i quadretti si fanno progressivamente ripetitivi  fino a rendersi indistinti. Ed è un peccato, perchè alcuni spunti sono veramente notevoli. 
Da eterno acquirente di dischi e da overquarantenne sabaudo imputo l'impasse a due fattori: il primo, e meno grave, è che nella focalizzazione di Blatto l'empatia che prova per i nevrotici clienti sia un pochettino spuria, e si sente netta la distanza tra il dotto entomologo e l'insettino sotto la lente d'ingrandimento. L'altro fattore, che crediamo sia la malattia esiziale del libro, è che va a cadere oltre la raccolta di aneddoti - si fosse fermato lì  sarebbe stato garbatissimo, al limite un po' ripetitivo - per, interpretiamo noi e magari sbagliamo, una recondita pretesa di essere un affresco della torinesità deviata. Questa è purtroppo una sindrome grave che affligge quasi tutto il panorama degli scribi subalpini. Orfani della premiata ditta Fruttero&Lucentini, tutti  i culicchi e le littizzette e i gambarotti e gli ormezzani  - vedasi il provincialissimo inserto Torinosette - finiscono a  frutterolucentinare ad libitum, col risultato di avere una pletora di quadretti leziosi e risaputi di vita minimale torinese. Ma, ahinoi, l'americanista Bonetto era ben altra cosa.
ps: surfa che ti surfa scopriamo solo lodi al libro, di cui si moltiplicano i readings e le presentazioni. Come la nave dei folli (e come il barcarolo di Lando Fiorini, siamo un blog di musica, perdio!) l'albumbianco prosegue controcorrente. Olè!

1 commento:

  1. Condivido in pieno.
    io l'ho iniziato sperando che fosse un Alta Fedeltà senza la palla della storia d'amore, ma con solo le parti musicali.
    Invece mi sono ritrovato troppi personaggi degni della Littizzetto, che però è più brava.
    Carino eh, ma non molto di più.

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